ERCOLANO


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Fino al 1969 il comune di Ercolano, era in realtà conosciuto con il nome di "Resìna". Con la distruttiva eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. quello strato di fango e materiale piroclastico alto dai 10 ai 25 metri che si venne a formare, si solidificò, creando una roccia che prese il nome di "pappamonte", che diede la possibilità alla città di preservare, almeno in parte, il suo stato di conservazione.
Qualcuno attribuisce l'origine del nome Resìna a Rectina, una patrizia romana che possedeva una villa ad Ercolano la quale chiese soccorso proprio a Plinio il Vecchio (che non riuscì a salvarsi) durante l'eruzione del 79 d.C. come è scritto all'interno di una lettera che Plinio il Giovane aveva indirizzato a Tacito; altri invece sostengono che il nome derivi dalla parola "retincula" ovvero le reti utilizzate dai pescatori, oppure dalla resina prodotta dagli alberi cresciuti sulle antiche lave, o dal fiume che scorreva ai margini di Ercolano. Altre ipotesi sono riferite all'anagramma di "sirena" dal momento che questa, è stata il simbolo del Casale e del comune, fino al 1969.


Dopo aver attraversato un lungo periodo feudale ed una seconda e aggressiva eruzione nel 1631 che uccise più di 4000 abitanti, si arriverà al 1709, anno in cui finalmente la zona iniziò a vivere un periodo di rinascita sotto tutti i punti di vista. Emanuele Maurizio di Lorena, principe di Elboeuf, nel 1709, mentre stava facendo costruire il suo palazzo nei pressi di Portici, venne a sapere che il contadino Ambrogio Nocerino, chiamato Enzechetta, scavando un pozzo in un podere nella zona del convento degli agostiniani di Resìna, aveva trovato marmi, statue e colonne antiche. Decise così di comprare quel fondo e nel 1711, fece iniziare i lavori di scavo attraverso cunicoli e pozzi raggiungendo l'antico teatro di Ercolano, da cui ritrovò numerose statue, colonne e marmi che tenne per sé e regalò a dei suoi amici e parenti.
Il ritrovamento di questo sito ebbe così tanto successo che il re Carlo III di Borbone decise nel 1740, di costruire il suo Palazzo Reale a confine tra Portici ed Ercolano ed esporre in un'ala del palazzo chiamata l'Herculanense Museum, tutti i ritrovamenti di Ercolano, in modo da stupire e meravigliare i numerosi ospiti che venivano a trovarlo.
Da questo momento tutti i nobili del tempo decisero di costruire ville sontuosissime conosciute come Ville del Miglio d'Oro tra cui le più prestigiose di Villa Campolieto (progettata dal grande Luigi Vanvitelli, ad impianto quadrangolare, 4 corpi separati dai bracci di una galleria centrale a croce greca ed una cupola illuminata da 4 finestre ovali), Villa Aprile, una delle meno sfarzose ma che possiede uno dei parchi più suggestivi dell'area vesuviana, e Real Villa della Favorita, chiamata così da Ferdinando IV perché sua moglie, la regina Maria Carolina d'Asburgo, la preferiva tanto. 
Nonostante Resìna avesse un assetto di paese agricolo, con il ritorno dei Borbone l'intera area era stata destinata all'industria e alla tecnica; non a caso nacque la prima linea ferroviaria italiana da Napoli a Portici nel 1839, la quale due anni dopo, attraversava anche la stessa Ercolano, e nella metà dell' 800 nacquero i primi opifici industriali.


Nel 1880 fu inaugurata la Funicolare del Vesuvio che ispirò la canzone Funiculì Funiculà, mentre nel 1904 entrò in funzione il ramo della ferrovia Circumvesuviana che da Napoli, conduceva a Torre Annunziata e a Poggiomarino.
E' soltanto grazie ad Amedeo Maiuri che dal 16 maggio del 1927, partì una campagna di scavi che durò fino al 1942, anni in cui vennero rimossi oltre 250 mila metri cubi di tufo e che diedero ad Ercolano antica, lo stesso aspetto che vediamo ancora oggi con i nostri occhi.


L'URBANISTICA DI ERCOLANO

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L'urbanistica di Ercolano era molto simile a quella delle classiche città dell'antica Grecia, con incroci ad angolo retto e con i decumani paralleli alla costa a cui si incrociavano in modo perpendicolare, i cardini. Le tipiche case erano più piccole di quelle di Pompei, sontuosamente decorate e costruite per lo più con portici e colonne in laterizio. Molto spesso non presentavano l'impluvium nel loro atrio, perché erano quasi sempre dotate di un proprio pozzo o direttamente collegate con la rete idrica. 
L'intera città è stata suddivisa in INSULAE, ed ognuna di esse custodisce case di particolare pregio, fattura, forma, conosciute in base ai ritrovamenti che sono statti fatti al loro interno, ad esempio: la Casa Albergo, chiamata così perché all'inizio si riteneva erroneamente che fosse un albergo, ma che è semplicemente la casa più grande ritrovata fin'ora ad Ercolano e l'unica a possedere un quartiere termale con mosaici ed affreschi; la Casa dello Scheletro, che prende questo nome perché uno scheletro fu ritrovato proprio all'interno della stessa abitazione; la Casa a Graticcio,  un'abitazione plurifamiliare realizzata interamente in opus craticium per risparmiare, i cui muri erano molto sottili; notevoli sono gli affreschi e i mosaici della casa dell'Alcova, e ancora poi, la casa di Nettuno e Anfitrite che ha ridato alla luce due lastre in marmo dipinte con la tecnica dei monocromi in rosso, grazie ad Alessandro di Atene; la casa Sannitica che possiede un atrio con colonne a capitelli corinzi, soffitti a cassettoni, piastrelle di rame ed un affresco su fondo verde che raffigura il ratto di Europa; la Casa del Salone Nero chiamato così grazie al suo fondo di colore nero, pavimento a mosaico bianco e in cui sono conservati ancora gli stipiti, l'architrave e una parte del portone in legno carbonizzati, e così via, molte altre ville. 
L'unica Villa d'otium di Ercolano è la Villa dei papiri, esplorata a partire dagli anni 50 del 700 e, ritrovata grazie a dei cunicoli e pozzi, conta circa 58 statue in bronzo, 21 in marmo e più di 1700 papiri carbonizzati, appartenente a L.Calpurnius Piso Pontifex oppure ad Appius Claudio Pulcher.
Estremamente interessanti sono gli edifici di natura pubblica, ludica e religiosa tra cui la terrazza di Marco Nonio Balbo (il cui altare funerario è rivolto verso il mare), personaggio di spicco di Ercolano a cui furono dedicate più  di dieci statue, perché ritenuto un grande benefattore della città che aveva dedicato il suo tempo a costruire e restaurare edifici pubblici; le Terme Suburbane e le Terme del Foro, la Palestra, con la sua volta affrescata da un cielo stellato di cui sono rimasti solo pochi frammenti, il Teatro di Ercolano, il primo edificio della città ad essere rinvenuto e che poteva contenere fino a 2500 spettatori (quasi la metà dell'intera popolazione di Ercolano a quel tempo), la cui parte della cavea, era ornata con numerose statue in bronzo. Stupefacente è anche il Collegio degli Augustali costruito tra il 27 e il 14 a.C. e dedicato ad Augusto, a pianta quadrata con pareti ed archi ciechi, pavimenti in cocciopesto e il piano superiore in opus spicatum . 
A partire dal 16 gennaio 1981, al di sotto delle arcate che sostengono le terrazze delle terme suburbane e dell'area sacra utilizzate per la manutenzione delle imbarcazioni, nel corso degli anni, sono stati ritrovati più di 300 scheletri, a testimonianza del fatto che i cittadini di Ercolano, tentarono la fuga via mare, interrotta purtroppo dalle colate piroclastiche che raggiunsero la spiaggia, durante la notte.
La città di Ercolano è raggiungibile grazie alle linee della ferrovia Napoli-Pompei-Poggiomarino e Napoli-Sorrento dalla rete ferroviaria Circumvesuviana EAV con la fermata principale Ercolano Scavi e quella di Ercolano Miglio d'Oro.


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